Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte – Mark Haddon

E’ veramente una bella lettura ed un ottimo libro. Il lettore è accompagnato piano piano dentro la vita di Christopher da Christopher stesso, ragazzo di 15 anni con una forma di autismo (Sindrome di Asperger). L’uccisione del cane è solo un pretesto, è l’inizio del libro che il ragazzo vuole scrivere. Investigando sui motivi, scopre alcune verità sulla propria vita e le affronta in modo matematico, con la forza della ragione e del suo modo di ragionare. Ci racconta del suo odio per il giallo e il marrone e del suo amore per il rosso (tipico della malattia) tentando anche di descrivere la ragione. Un romanzo molto dolce, che entra piano piano e tocca varie tematiche relative all’autismo e alla famiglia di ragazzi malati. Ma il tutto è visto con gli occhi del protagonista quindi, solo accennati e senza emozioni, caratteristica anche questa della malattia. Un libro che fa riflettere sulle potenzialità delle persone, malati o sani che siano, quando si sentono minacciati e la capacità di chiunque nel ritrovare risorse interiori per mettersi in salvo ricercando un pezzettino di felicità e serenità insieme alla persona dalla quale ci si sente amati. Poco importa se si vive in totale isolamento sentimentale e se si odia farsi toccare l’importante che dall’altra parte ci sia qualcuno con la mano aperta e le dita a ventaglio pronte a sfiorare le dita di Christopher a segnalare un “ti voglio bene” che deve essere totale e onesto. La capacità dell’autore di entrare nella testa di un autistico è descritta in questo libro in modo eccellente.

Nadia

Published in: Senza categoria on 16 settembre 2010 at 12:06  Comments (2)  
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Sholem Rabinovitz

L’autore di questo romanzo, di origine ucraina, è deceduto prima di terminarlo lasciandolo così incompiuto.
Sholem Aleikem (nome d’arte di Sholem Rabinovitz) è stato il più prolifico e geniale autore di romanzi in yiddish riportando quella lingua, considerata ormai inferiore e delle donne non certo dei dotti, alla sua giusta importanza.
Ettore Bianciardi ha riscoperto “che fortuna essere orfano” e lo ha tradotto in lingua italiana e curato l’edizione riportando alla luce un bel romanzo e una cultura che, altrimenti, sarebbe andata perduta.
La storia narra della famiglia di Motl, un bambino di nove anni che, in seguito ai pogrom, dall’Ucraina emigra in America attraversando diversi altri Paesi.
La differenza tra tanti altri libri del genere è che l’autore non si ferma all’avvistamento della terra Americana ma continua la sua storia raccontando i differenti lavori che la famiglia e tanti altri emigrati trovano. Lo sfruttamento che subiscono, i salari bassi che devono accettare.
La voce narrante è il bambino con il suo disincanto che rende tutto allegro, un’avventura, “che non smette di stupirsi della bellezza de mondo” con il tipico entusiasmo di un essere innocente che non riconosce l’ingiustizia, abituato a viverci in mezzo, ad essere perseguitato.
Questo romanzo ispira speranza per chiunque, insegna a vedere il bicchiere mezzo pieno, a fare di ogni circostanza una sfida dalla quale uscire vittoriosi senza crogiolarsi nel vittimismo.
Non mancherò mai quindi, di ringraziare Ettore Bianciardi, per avermi dato la possibilità di leggere questo romanzo e Frank Spada per avermelo regalato in copia cartacea.
Per chi volesse aprofittare può scaricarlo gratuitamente a questo link:
http://www.riaprireilfuoco.org/blog/?p=352
o acquistare la cpia cartacea dallo stesso link.

Nadia

Published in: Senza categoria on 8 agosto 2010 at 17:17  Comments (1)  
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Per non aver commesso il fatto – Michele Navarra

Bellissimo libro di un genere poco letto, il legal thriller, ma non per questo poco piacevole.  Sembra di guardare un film leggendolo.  I personaggi sono ben delineati e il lettore segue passo passo l’avvocato che indaga per cercare di scagionare dall’accusa di omicidio il proprio cliente. Il finale, assolutamente inatteso nonostante il titolo,  contribuisce a rendere questo romanzo una buona lettura.  Ho atteso il verdetto con la stessa ansia di uno che ha messo la propria vita nelle mani di una giuria e di un giudice consapevole di avere il “potere”…
L’avvocato è un personaggio con tanti dubbi, con il desiderio di cercare davvero la verità e con il timore, ad ogni nuovo caso, di dover difendere un colpevole. E’ una persona “normale”, con una propria morale ed un’etica professionale che a volte gli sta stretta e dalla quale vorrebbe fuggire. E’ un uomo consapevole di avere tra le mani il destino di un altro uomo basandosi solo sulla fiducia verso il proprio cliente e il proprio senso di giustizia. Si appassiona al proprio caso ma non si da del tutto, si preserva un pezzetto per il dopo, per se stesso. E non è una cosa da poco. Non è un lato negativo del personaggio, al contrario. E’ il simbolo del “lavoro per vivere” e non del “vivo per lavorare”. E’ un uomo che sta per sposarsi e diventare padre. E anche questi pezzi di quotidiano, al di là del proprio lavoro e della causa, ridanno umanità al personaggio scagionando il professionista avvocato dal pensiero collettivo di “strizzasoldi”.

“Per non aver commesso il fatto”  è un romanzo anche per i non addetti ai lavori poichè l’autore spiega molto bene ogni passo, ogni procedura legale mano a mano che il proprio cliente le deve affrontare. Tali spiegazioni non pesano e non rovinano lo scorrere della lettura.
L’iniziale antefatto sposta l’attenzione sull’identità del protagonista principale e spiazza un poco quando entra in scena il vero protagonista. Se è una tecnica di scrittura direi che è innovativa (almeno per me) e ben si applica a questo genere.
Spero in futuro di leggere altro di questo bravo autore, vincitore del Primo Concorso di narrativa giudiziaria inedita Legal Drama Society e finalista del Premio Alabarda d’oro di Trieste.

 Nadia

Published in: Senza categoria on 13 luglio 2010 at 08:14  Comments (1)  
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“K” di Lorenzo Lamagna e Davide Furlan

Un libro scritto a quattro mani ben riuscito poichè non si nota per nulla alcuna differenza di scrittura e stile che avrebbe, in caso contrario, ostacolato la lettura.
I personaggi sono ben descritti, la storia ha un ritmo incalzante e geniali sono le prove con relative soluzioni delle missioni affidate ai protagonisti.

E’ in fondo, la descrizione dei compromessi cui spesso ci si deve adattare per raggiungere uno scopo. La ricerca di un modo più semplice per avere ciò che si vuole limitando lo sguardo a ciò che viene richiesto di fare senza guardare il tutto, le conseguenze della propria azione e le proprie responsabilità in quell’atto.
E’ il modo in cui va avanti il mondo oggi. Dalla scuola alla politica.
Il Mazziere è in fondo “Dio” con il suo disegno e chiama i suoi adepti a fare una piccola cosa di un grande disegno che solo Lui ha in mente. Siamo abituati a questo tipo di pensiero dal catechismo radicato in noi. Ma queste sono solo mie considerazioni, una lettura che va al di là del romanzo o di ciò che gli autori avevano intenzione di dire scrivendolo.
Gli autori, che sono al di sopra del Mazziere, in questo romanzo hanno giocato una perfetta partita a scacchi.

Nadia

Published in: Senza categoria on 23 Maggio 2010 at 06:51  Comments (1)  
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Nel vento e nella polvere di Valeria Zangrandi

Un romanzo che si legge d’un fiato perchè scorrevole e piacevole ma che si saggia pagina per pagina, gustando ogni parola esattamente come si beve d’un fiato un buon vino centellinandolo al contempo.
Tra la poesia del dolore di un’attesa della protagonista e i ricordi anticipati di un uomo stanco di andare avanti che torna sui suoi passi camminando a ritroso, il romanzo ci vuole raccontare, far riflettere, immergere in un’ambientazione per poi ritrasportarci in un’altra del tutto differente.
L’abilità dell’autrice sta proprio in questa capacità di tratteggiare e approfondire mano a mano due personaggi differenti, che tendono l’uno all’altra, inconsapevole il primo e in attesa la seconda, riuscendo a far riflettere il lettore su molti aspetti della vita o, forse, a tradurre in metafore ogni singolo pezzo di storia dei vari personaggi.
Tanti racconti, un unico romanzo, un’unica penna.

Poichè il libro è edito dalla casa editrice “I sognatori” si può ordinare solo al sito: http://www.casadeisognatori.com/2home_page.htm

Published in: Senza categoria on 2 Maggio 2010 at 21:08  Lascia un commento  
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Non buttiamoci giù di Nick Hornby

Narra la vicenda di quattro persone, del tutto differenti e indifferenti l’uno con l’altra, che si incontrano la notte dell’ultimo dell’anno, sul tetto della Casa dei Suicidi a Londra con l’intento, ognuno per motivi propri, di buttarsi giù.
È una storia ironica e commovente al contempo, raccontata dalle voci dei quattro protagonisti, dal loro punto di vista, che spinge il lettore a rivestire man mano i panni di ognuno di loro.
Il senso della vita, del perché in fondo sia meglio andare avanti che buttarsi da un palazzo sono domande disseminate nel romanzo ed alle quali ognuno, dai protagonisti al lettore, troverà una propria risposta.
È strabiliante il modo in cui l’autore riesce ad affrontare l’argomento «suicidio» che per la nostra cultura è un tabù, in modo serio e pure esilarante pur nella sua cruda realtà.

Nadia

Published in: on 15 marzo 2010 at 17:58  Lascia un commento  
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Timothy Findley – L’uomo che non poteva morire

«Ho vissuto molte vite; fui amico di Oscar Wilde e nemico di Leonardo…» Pilgrim, unico grande personaggio insieme al Dottor Jung, ha un unico desiderio: poter finalmente morire. Il motivo, contrariamente a ciò che crede il Dottor Jung alle cui cure è affidato, è l’aver vissuto troppo e troppo a lungo attraversando il tempo e conoscendo personaggi illustri. La verità che pesa sopra questi ultimi, al di là del rispetto che la società odierna porta loro, è forse un peso troppo grande da sopportare.
Ogni volta Pilgrim tenta il suicidio e ogni volta un medico lo dichiara morto, salvo poi «risvegliarsi» dopo qualche ora sotto altre spoglie.
Ogni risveglio è una rinascita, pur conservando la memoria delle vite precedenti – eccetto per il periodo dell’infanzia. Sembra quasi infatti che ogni volta Pilgrim «rinasca» già adulto. O almeno da lì lui inizia i ricordi.
L’uomo che non poteva morire è un romanzo storico, misterioso e filosofico, oppure è un racconto sulla rinascita dell’Europa del XX secolo, oppure ancora è la storia dell’eterno conflitto tra distruzione e creazione.
Troviamo un dottor Jung inedito, combattuto tra la sua stessa pazzia e disonestà frammista ad intuizione, compassione e genialità. Più che l’antagonista di Pilgrim, nel romanzo sembra essere un secondo personaggio principale. Pilgrim racconta e vive le sue vite, Jung le rivive su di sé e le interpreta secondo ciò in cui crede ed è lui in fondo che percorre un suo cammino di miglioramento.
Pilgrim, intanto, riuscirà a morire?
Nadia

Published in: on 2 febbraio 2010 at 08:13  Comments (1)  
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Racconti dell’età del rap – Alessio Pracanica

Cosa dire del libro di Alessio che non sia già stato detto?
Beh, forse l’unica cosa che non è stata detta è che è brutto, illeggibile, scritto male…
Ma neppure io scriverò un commento negativo perché non lo credo possibile.
Posso dire che Pracanica ha uno stile di scrittura inconfondibile, tutto suo. Lui non scrive, lui legge al lettore i suoi racconti, perché lui è sempre presente. E’ come sentirlo parlare. Se le parole scritte avessero un suono, probabilmente in questo libro, assumerebbero il timbro della sua voce.
Alessio è il vero protagonista di tutti i suoi racconti, forse il filo conduttore. E’ lui che conduce i personaggi del libro nella vita del lettore, glieli presenta ad uno ad uno. E’ lui che glieli toglie dalla visuale pur lasciando, in ognuno, un’assonanza di quello precedente, un particolare del carattere, o estetico, o di modi di fare. Come se costruisse un unico personaggio piano piano, di racconto in racconto. O un unico pezzo rap, parlato, con parti ripetute, cadenzate da un ritmo che varia a seconda delle tematiche che affronta.
Attraverso questi personaggi, Alessio mostra la vita quotidiana, ai nostri tempi. Porta il lettore a fare un giro nei bassifondi, in luoghi squallidi, che a volte sono spazi fisici altre volte invece la mente del personaggio. Ogni racconto racchiude una riflessione contro la guerra, la violenza, le ingiustizie.
Alcune denunce arrivano alla fine del racconto, come una martellata in testa, altre invece si intuiscono da subito. In entrambi i casi non si può che concordare sull’abilità dell’autore nel mescolare ironia, saggezza, divertimento, cinismo al ritmo cadenzato di un racconto via l’altro. Termina con un bacio, il libro di Pracanica, suonato anch’esso, un bacio “troppo a lungo trattenuto per non essere bello”…

Published in: on 15 dicembre 2009 at 08:30  Lascia un commento  
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La cantina di Gomez di Natalfrancesco Litterio

In quarta di copertina si parla di un’avventura strampalata. All’inizio della lettura ero daccordo, perchè non capivo cosa mi volesse raccontare l’autore e, dopo qualche pagina, ho deciso semplicemente di lasciarmi trasportare dalle parole, ho acconsentito ad essere spettatrice di una parte della vita del protagonista, Gomez il barman. Poi è iniziata l’avventura vera e propria con alcuni colpi di scena, un amore profondo e dolcissimo, che rallenta i toni ed i ritmi del romanzo creando l’atmosfera dell’innamorato come quando, nel bel mezzo della giornata, ci si sofferma a pensare alla persona cara. L’autore ha mischiato, in 85 pagine, jazz, mafia, amore, politica descrivendo dal di fuori, attraverso una voce narrante originale (la mazza da baseball di Gomez), la vita di un uomo che sembra non avere vie di uscita. Nonostante le tematiche non è un romanzo pesante. Nel finale, il riscatto, pur con il sacrificio della voce narrante preso a simbolo di un cambiamento. Sia per la brevità del romanzo che per la scrittura lineare, senza fronzoli, ho letto questo libro tutto d’un fiato. Mi è spiaciuto salutare Gomez e mi chiedo cosa stia facendo ora.

Nadia

Published in: on 7 dicembre 2009 at 10:07  Lascia un commento  
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La fossa comune – Alessandro Bastasi

In attesa dell’uscita del secondo romanzo di Alessandro Bastasi, “la gabbia criminale”, ecco la recensione del suo primo lavoro:

Narra la storia contemporanea (primi anni ’90) della Russia, gli avvicendamenti politici, la realtà del popolo russo ed i tentativi di rialzarsi, di ribellarsi a chi ha tolto loro la dignità di popolo schiavizzandolo ad una realtà di denaro ed egoismo e rendendolo mendicante.
Il protagonista, attraverso il quale l’autore ci presenta la storia, è un italiano, Vittorio Ronca, descritto come un uomo che porta dentro di sè il fuoco della giustizia, della lealtà, degli ideali fondamentali del vero comunismo.
Un uomo insoddisfatto in fondo di ciò che fa, in continuo mutamento, alla ricerca, forse, della sua missione, del suo posto per contribuire al cambiamento sociale per il quale si batterà fino alla fine.
Vittorio è l’incarnazione di tutti coloro che si sentono impotenti di fronte all’egocentrismo diffuso, al potere del denaro e della vita comoda che fa chiudere la porta di casa a chiave ed in faccia al proprio vicino bisognoso. Impotenti di fronte a quella falsa benevolenza, a questa società infarcita di ipocrisia che mette in piazza i propri problemi solo se ci intravede una possibilità di arricchimento.
Vittorio tenta di cambiare le cose ma viene tradito dai suoi stessi mandanti (compagni?); la Russia come l’America e l’Italia: il benessere sventolato dai politici a mò di promessa solo per ottenere fiducia e voti e ritrovarsi poi, ai bordi di una strada, su tappeti di cartone, a vendere centrini.
Dalla fluidità e chiarezza della scrittura si intuisce la grande affezione dell’autore per la Russia e la conoscenza di ogni angolo di Mosca che il lettore riesce ad immaginare attraverso gli spostamenti di Vittorio per le sue vie.
Le tematiche sono attuali, direi forse universali…

Nadia

Published in: Senza categoria on 20 novembre 2009 at 12:30  Comments (1)  
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